giovedì 3 maggio 2012

Seimilaquattrocentoottantacinquechilometri (circa)


Suona, libero. E non suona strano.
“Pronto?”
“Ehi sono io, mi hanno detto che ieri eri a Milano!”
“C'ero, sì! Perché tu no? Sono a Mosca adesso attenta che spendi un casino...”
“Chi se ne frega. Davvero. Ieri ho passato la giornata sul divano...”

A volte stare sul divano fa bene allo spirito.
Aiuta a respirare, riprendere fiato, scrollarsi di dosso il problema di avere troppi impegni e troppo poco tempo per portarli a termine.

Ti rotoli da un bracciolo all'altro cercando una posizione decente per leggere, (che non troverai praticamente mai, ti si addormenterà sempre un braccio, ti farà male il collo, l'alluce del piede sinistro riuscirà a darti fastidio e via dicendo). Prendi fiato.
Dopotutto fuori piove.
Che vuoi fare?
Non far niente è perfetto. Musica, libro, coperta.
Ti manca solo un bicchiere di whisky, un gatto che ti fa le fusa ed è la perfezione.

Più o meno.
Perché un appuntamento mancato ti fa rimpiangere di esser stata ferma e un po' brucia, in modo latente.



6485 km.
Seimilaquattrocentoottantacinque chilometri (più o meno) sono quelli che ho percorso dall'inizio dell'anno. Quattro mesi. In giro.
Vorresti metterti in viaggio e tutto quello che fai è rimbalzare come una pallina da flipper su e giù per lo stivale senza renderti conto davvero delle distanze, delle pareti contro cui vai a sbattere.
Dopotutto non è così tanta strada.

Ti senti un po' come se stessi procedendo in tondo. Come se non riuscissi davvero ad allontanarti dal punto di partenza. Che differenza c'è con un anno fa?
Se fosse una spirale sarebbe molto stretta.
E quella strada va bene farla, nessuno se ne lamenta, in viaggio si guarisce. Ci si ritrova quando ci si perde.
Da qualche parte.

La distanza è sempre sotto controllo.
I disturbi del sonno aiutano le comunicazioni su altri fusi orari.
Internet tiene sotto controllo la distanza.


Tre regole semplici che assimili e va tutto bene.
E io, per non sbagliarmi, ho anche una serie di orologi che segnano i vari fusi orari, anche se non ho ancora la mia parete blu Tardis.

Poi c'è quella telefonata, che in quei minuti, ti ricorda la grandezza del mondo, ti sbatte in faccia la distanza, il tempo e il fatto che non sei davvero capace di tenerlo sotto controllo.

Perché non posso prendere quel pacchetto di chilometri (e quelli che mi aspettano con i prossimi tour) e scambiarli con un lungo viaggio, che vada a sbattere in tutti quegli angoli di mondo dove siete finiti?
Perché non riesco a sommare i passi tra loro fino ad arrivare da voi?

“Be' stai bene? La scuola come va? Ti leggo sai!”
“Va bene, sto bene. Avrei dovuto alzarmi da quel cazzo di divano e venire a Milano, lo sapevo. Pure quell'altro è tornato da Dublino e me lo sono perso...”
“Ehi, quando torno prometto che proviamo a vederci. A Natale. Promesso. Adesso vado che rischio di perdere l'aereo”
"Ehi... mi ha fatto piacere sentire di nuovo la tua voce, dopo tutti questi anni... stammi bene eh!”

Click.
Un sospiro.
Vaffanculo.
Natale non mi è mai sembrato così lontano.

Nessun commento: